Buongiorno e benvenuto a Villa Foscari, La Malcontenta, uno dei più celebri capolavori della architettura rinascimentale italiana. Siete giunti nel sito ove, alla metà del Cinquecento, Andrea Palladio ha eretto questa superba architettura per due fratelli, Alvise e Nicolò, discendenti di quel doge, Francesco Foscari, che nella prima metà del Quattrocento aveva retto le sorti della Repubblica di Venezia per trentaquattro lunghissimi anni.
Mentre ci avviciniamo insieme, lentamente, a questa mirabile architettura, ve ne racconto brevemente l’origine.
A comprare questo terreno sulla sponda destra della Riviera del Brenta nel 1527 era stato – assieme a due suoi fratelli – il padre di Nicolò e Alvise, Ferigo (Federico), che si muove nello spirito di quel rinnovato rapporto di Venezia con il suo entroterra che era stato indotto a Venezia dalla strategia politica del doge Andrea Gritti.

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 Su questo stesso terreno sorgeva una antica casa che era stata dei Valier. Questa era affiancata da alcune di quelle tipiche costruzioni con tetto di paglia, dette “casoni”, che ancora nel Cinquecento punteggiavano tutta la campagna veneta. A questo primo acquisto ne seguirono molti altri che hanno consentito di formare nelle vicinanze di questa casa un possedimento rurale di una certa consistenza.  Sulla scelta di Ferigo molto ha influito, evidentemente, la circostanza che questo terreno fosse lambito dalla Riviera del Brenta che era la più frequentata via di collegamento fluviale fra Venezia e il suo entroterra. Una casa che fosse stata eretta qui sarebbe stata vista e ammirata ogni giorno da molte persone.  Ferigo muore però precocemente e non riesce ad avviare la costruzione della casa, e troppo presto muoiono anche i suoi fratelli che avevano costituito con lui una “comunione familiare”. Alla scomparsa di questa generazione uno dei due figli di Ferigo, sebbene entrambi fossero ancora molto giovani, avrebbe dovuto sposarsi per dare discendenza al ramo ducale della famiglia. Secondo una tesi recentemente formulata già in questa precoce data, siamo al 1542, i figli di Ferigo avrebbero contattato Palladio per la redazione di un progetto. Ma il matrimonio non viene perfezionato allora e si celebrerà solo nel 1555.  In questa circostanza viene convocato ancora una volta Palladio, quasi certamente con la mediazione di Daniele Barbaro, autorevole e colto patrizio veneziano, che proprio in quest’anno andava ultimando, con l’assistenza di Palladio, la traduzione e il commento dell’antico trattato di architettura di Vitruvio. Palladio fino a questo momento non aveva ancora costruito nulla a Venezia. L’occasione che gli viene offerta dai due fratelli Foscari (che per celebrare degnamente il matrimonio commissionano a lui anche la costruzione di un altare in una chiesa veneziana) è importante per Palladio per tante ragioni: la qualità del sito; la coincidenza che sul trono dogale sedesse allora uno zio di Nicolò e Alvise; la circostanza che nel 1557 sarebbe caduta la ricorrenza centenaria della morte del doge Francesco. Sono tutti fattori, questi, che stimolano la creatività di Palladio, che con quest’opera intende dare prova ai veneziani della sua competenza di specialista dell’Antico e della qualità del suo linguaggio architettonico. Per apprezzare questa competenza e questo linguaggio spostiamoci dunque di fronte a questa villa, portandoci idealmente sulla posizione di chi sta navigando sulle acque della Riviera del Brenta.